Indice
- 1 Che cosa rilevano davvero
- 2 Come funzionano i sensori
- 3 Norme e marcature da conoscere
- 4 Posizionamento e altezza corretti
- 5 Soglie di allarme e significato dei segnali
- 6 Manutenzione, prove e fine vita
- 7 Falsi allarmi e come ridurli
- 8 Dispositivi combinati e sistemi interconnessi
- 9 Ambienti speciali: cucina, garage, camper e barche
- 10 Cosa fare quando suonano
- 11 Scelta in funzione della casa e delle abitudini
- 12 Conclusioni
Capire le differenze tra un rilevatore di fumo e un rilevatore di monossido di carbonio significa distinguere tra due pericoli molto diversi che possono presentarsi nella stessa casa. Il fumo è il segnale visibile e respirabile di una combustione in atto, spesso il primo indizio di un incendio. Il monossido di carbonio, al contrario, è un gas inodore, incolore e insapore prodotto da combustioni incomplete, capace di causare intossicazioni gravi senza alcun preavviso sensoriale. Per questo i dispositivi che li individuano sono progettati in modo profondamente diverso. Hanno sensori, logiche di allarme, soglie e posizionamenti specifici. Sapere come funzionano, dove installarli, quali norme rispettano, come mantenerli e che cosa fare quando si attivano è la base di una protezione domestica consapevole.
Che cosa rilevano davvero
Il rilevatore di fumo ha il compito di percepire la presenza di particelle sospese generate dalla combustione, indipendentemente dal fatto che ci sia fiamma viva o solo braci e bruciature lente. A seconda della tecnologia impiegata è particolarmente sensibile al fumo denso e scuro delle combustioni lente su materiali solidi oppure al fumo più chiaro e ai vapori che accompagnano incendi rapidi con fiamma. Il suo obiettivo è guadagnare secondi preziosi per evacuarne gli ambienti, avvisare i vicini e attivare eventuali sistemi di spegnimento. Il rilevatore di monossido di carbonio ha invece un compito completamente diverso. Deve misurare la concentrazione nell’aria di CO, un gas tossico che si lega all’emoglobina del sangue molto più dell’ossigeno, impedendone il trasporto ai tessuti. Il CO è prodotto da stufe, caldaie, caminetti, bracieri, motori e generatori quando la combustione non è completa o la ventilazione è insufficiente. Un rilevatore efficace non si fa “ingannare” da altri gas e non scatta per il fumo in sé se il monossido non è presente oltre le soglie di pericolo.
Come funzionano i sensori
I rilevatori di fumo domestici moderni sono in grande maggioranza di tipo fotoelettrico, detto anche a diffusione della luce. All’interno della camera di rilevazione c’è un LED che emette un fascio, un sensore ottico e un disegno interno che, in condizioni normali, fa sì che la luce non colpisca il sensore. Quando nel vano entra fumo, le particelle disperdono il fascio, parte della luce viene deviata sul sensore e l’elettronica interpreta la variazione come presenza di fumo. È una tecnologia particolarmente sensibile ai fumi “freddi” e densi delle combustioni lente, come quelle che interessano divani, cavi o legno che brucia senza fiamma viva. Esistono anche rilevatori ionici, oggi meno usati in ambito residenziale perché impiegano una sorgente radioattiva a bassissima attività; sono molto rapidi sui fumi di incendi con fiamma e vapori surriscaldati, ma la combinazione dei due principi ha lasciato il posto, per semplicità e normative, ai fotoelettrici. Alcuni prodotti integrano anche la funzione di rilevamento del calore con un termistore o sensore termovelocimetrico per riconoscere aumenti rapidi di temperatura.
Il rilevatore di monossido di carbonio impiega per lo più un sensore elettrochimico. All’interno c’è una cella con elettrodi e un elettrolita che reagiscono selettivamente al CO. Quando il gas diffonde nella cella, avviene una reazione che genera una corrente proporzionale alla concentrazione. L’elettronica misura la corrente e, se la concentrazione supera soglie temporizzate, attiva l’allarme. La logica non è una soglia fissa qualunque, ma una curva legata al tempo di esposizione. Con concentrazioni moderate l’allarme scatta dopo periodi più lunghi, con concentrazioni elevate scatta rapidamente, in coerenza con la tossicità cumulativa del gas. Esistono anche sensori a semiconduttore, meno selettivi e più soggetti a falsi positivi, perciò i modelli seri per uso domestico puntano sugli elettrochimici certificati.
Norme e marcature da conoscere
Nel mercato europeo i rilevatori di fumo destinati all’uso domestico devono rispettare la norma EN 14604, che definisce prove di risposta, suono, durata delle batterie, resistenza agli aerosol non pericolosi e ai disturbi ambientali. I rilevatori di monossido di carbonio sono regolati dalla EN 50291, con parti che distinguono l’uso domestico fisso da quello in ambienti veicolari e ricreazionali come camper e barche. Cercare la marcatura CE accompagnata dalla referenza alla norma è un buon criterio per evitare prodotti improvvisati. I dispositivi con obbligo di installazione previsto da regolamenti locali o assicurazioni possono avere requisiti supplementari, come l’interconnessione tra unità o la presenza di batteria sigillata a lunga durata. Nei contesti non domestici le norme cambiano e intervengono regole sulla rivelazione incendi che vanno ben oltre il fai-da-te.
Posizionamento e altezza corretti
Fumo e monossido si comportano in modo diverso nell’ambiente. Il fumo tende a salire con l’aria calda e si stratifica verso il soffitto; per questo i rilevatori di fumo si installano a soffitto, al centro del locale o a una distanza minima dalle pareti, oppure in alto a parete rispettando le distanze consigliate dal produttore. Vanno posizionati in corridoi, disimpegni e camere da letto per avvisare durante il sonno, evitando immediata vicinanza a cucine e bagni dove vapori e aerosol possono causare falsi allarmi. Il monossido di carbonio, avendo densità simile a quella dell’aria e potendo diffondere rapidamente, non richiede il soffitto per essere rilevato. I sensori vanno installati all’altezza di respirazione, tipicamente tra il metro e mezzo e i due metri da terra, lontano da angoli morti o sopra fonti di calore che possono alterare letture e electronics. Sono utili in prossimità di locali con apparecchi a combustione come caldaie, stufe a legna o pellet, caminetti e garage con porte comunicanti. In camere con caminetti o stufe si può preferire l’accoppiata fumo e CO, ma l’installazione deve rispettare le distanze di sicurezza dalla bocca di emissione per evitare ricorrenti allarmi durante l’accensione.
Soglie di allarme e significato dei segnali
I rilevatori di fumo hanno una soglia standardizzata riferita alla densità di fumo nella camera. Quando percepiscono fumo oltre la soglia, emettono un segnale sonoro intermittente ad alta intensità e, se interconnessi, attivano anche gli altri. Alcuni includono funzioni di silenziamento temporaneo, spesso chiamate pausa o hush, utili in caso di fumo da cucina leggera ma mai da usare per zittire un allarme ripetuto che potrebbe indicare un incendio nascosto. I rilevatori di CO seguono soglie temporizzate. Per esempio, all’incirca cinquanta parti per milione di CO per periodi prolungati possono non generare allarme, mentre concentrazioni di cento parti per milione possono attivarlo in meno di un’ora, e concentrazioni di trecento parti per milione in pochi minuti. Questi numeri variano in base alla norma e al produttore, ma l’idea resta che più aumenta il gas, più rapidamente l’allarme suona. I rilevatori di CO segnalano anche fine vita del sensore con beep periodici distinti dall’allarme vero e proprio; è fondamentale non ignorarli perché l’assenza di allarmi non significa che il sensore stia funzionando.
Manutenzione, prove e fine vita
Entrambi i dispositivi richiedono una manutenzione minima ma regolare. Premere il pulsante di test una volta al mese assicura che l’elettronica e il suono siano attivi; non si tratta di una prova del sensore con fumo o gas, che in ambito domestico non è prevista, ma è sufficiente a scoprire guasti elettrici, pile scariche o interruzioni. La polvere nella camera ottica del rilevatore di fumo può alterare la sensibilità; aspirare delicatamente le feritoie e passare un panno asciutto aiuta a mantenere stabilità. Le batterie vanno sostituite quando richiesto oppure si scelgono modelli con batteria sigillata a lunga durata. I rilevatori di fumo hanno un ciclo di vita tipico di circa dieci anni, oltre il quale il sensore può non garantire più le prestazioni. I rilevatori di monossido di carbonio hanno una vita più breve del sensore elettrochimico, che spesso varia tra cinque e sette anni; alla scadenza è necessario sostituire l’intero apparecchio. Annotare le date di installazione e scadenza evita dimenticanze.
Falsi allarmi e come ridurli
I rilevatori di fumo possono attivarsi per aerosol non pericolosi. Il vapore di una doccia, i fumi di cottura senza adeguata cappa e la polvere densa sollevata da lavori domestici sono cause comuni. La soluzione non è disinstallare o coprire i dispositivi, ma ripensare la posizione e migliorare la ventilazione. I rilevatori con funzione di pausa consentono di interrompere per alcuni minuti l’allarme in presenza di fumo innocuo, riducendo la tentazione di rimuoverli. I rilevatori di CO raramente generano falsi positivi se certificati e posati correttamente; segnali ripetuti in prossimità di apparecchi a combustione indicano spesso problemi reali di tiraggio, manutenzione carente o ventilazione inadeguata. Odori innocui non accompagnati da senso di malessere non devono essere confusi con l’allarme di CO, che si basa su misura, non su percezioni.
Dispositivi combinati e sistemi interconnessi
Esistono dispositivi che integrano rilevazione di fumo e monossido di carbonio nello stesso corpo. Sono utili in stanze in cui entrambi i rischi sono plausibili, purché il posizionamento rispetti le regole di entrambe le funzioni, che non sempre coincidono. Alcuni integrano anche la rivelazione di calore, pensata per cucine e garage dove il fumo è quotidiano. I sistemi interconnessi, via filo o radio, fanno sì che quando un rilevatore scatta, suonino anche gli altri. È una funzione importante in case su più piani e in contesti in cui si dorme lontano da un allarme. Le varianti “smart” inviano notifiche sul telefono e possono integrarsi con sistemi domotici per accendere luci, sbloccare serrature o spegnere ventilazioni in caso di allarme. La tecnologia è utile, ma non sostituisce l’azione principale di allertare persone presenti e farle uscire.
Ambienti speciali: cucina, garage, camper e barche
La cucina è il luogo con maggior rischio di incendio domestico ma anche quello in cui i rilevatori di fumo si attivano più spesso senza motivo. In questo ambiente la scelta più sensata è un rilevatore di calore o un fotoelettrico posizionato non sopra i fuochi e lontano dal vapore della lavastoviglie, integrato con un rilevatore di fumo nel corridoio adiacente. I garage con auto e attrezzi a motore sono ambienti in cui il rilevatore di CO è fondamentale, con il fumo affidato a dispositivi resistenti alla polvere. In camper e barche la rivelazione di CO ha norme dedicate per gestire vibrazioni, temperature e condizioni di ventilazione particolari; scegliere dispositivi certificati per uso mobile e alimentarli correttamente è una protezione che ha salvato molte vite. In taverne con stufe a pellet o legna la coppia fumo e CO è una scelta prudente, con attenzione a distanze e manutenzione annuale delle canne fumarie.
Cosa fare quando suonano
Un allarme di fumo indica che nell’aria ci sono particelle da combustione. Se non stai cucinando e non hai una causa innocua evidente, trattalo sempre come un incendio. Verifica rapidamente la stanza, avvisa chi è in casa, esci e chiudi le porte dietro di te per rallentare il fuoco, chiama i soccorsi e non rientrare finché non è sicuro. Un allarme di monossido di carbonio è più subdolo perché non è accompagnato da segni visivi. Se scatta, apri immediatamente le finestre per ventilare, spegni apparecchi a combustione, esci all’aria aperta, valuta eventuali sintomi come mal di testa, nausea o confusione e, in caso di malessere, chiama il numero di emergenza riferendo il sospetto di CO. Non tornare in ambiente finché il tecnico non ha verificato l’assenza di gas e la funzionalità degli impianti. Azzerare ripetutamente gli allarmi senza ventilare e senza indagare l’origine è un errore pericoloso.
Scelta in funzione della casa e delle abitudini
La differenza tra un rilevatore di fumo e uno di monossido di carbonio non è solo tecnologica, ma anche di strategia di protezione. Un appartamento elettrico, senza apparecchi a gas e con riscaldamento centralizzato, richiede rilevatori di fumo nelle zone notte e nei disimpegni e un rilevatore di CO solo se c’è un box auto comunicante. Una casa indipendente con caldaia a gas, camino o stufa necessita di rilevatori di CO vicino alle camere e all’ambiente con l’apparecchio, oltre ai rilevatori di fumo. L’ampiezza degli ambienti, la presenza di piani diversi, la collocazione di camere lontane e la presenza di bambini o anziani influenzano numero e interconnessione dei dispositivi. Prendersi il tempo di mappare le fonti di rischio e le vie di fuga porta a una distribuzione più sensata degli allarmi.
Conclusioni
Rilevatore di fumo e rilevatore di monossido di carbonio non sono intercambiabili. Il primo guarda il cielo del soffitto per scovare il fumo che sale; il secondo ascolta silenzioso l’aria alla nostra altezza per scoprire un gas che non possiamo percepire. Hanno sensori diversi, logiche di allarme diverse e, soprattutto, scopi diversi. Entrambi però diventano strumenti davvero utili solo se scelti certificati, posati al posto giusto, provati periodicamente, mantenuti puliti e sostituiti alla fine della loro vita. Tra il fumo visibile di un incendio e l’invisibile minaccia del monossido non c’è gara su quale sia più insidioso: entrambi meritano rispetto. Integrare in casa rilevatori per entrambi i rischi, con la giusta attenzione a norme e posizionamento, è un investimento minimo che restituisce tempo prezioso quando serve. In quei pochi minuti, la differenza tra sapere e non sapere può essere tutto.